La conoscenza delle caratteristiche dei fanghi prodotti sul territorio nazionale è un prerequisito necessario sia per i gestori sia per le autorità di controllo e per quelle responsabili della pianificazione di settore, per impostare le politiche d’impresa e per programmare gli interventi di adeguamento degli impianti in relazione alle scelte di politiche territoriali e industriali. Dovrebbe essere buona norma impostare la politica di settore nazionale mediante un chiaro assetto normativo che, coerentemente con la disciplina europea, sia coordinato con le politiche di settori contigui? Nel caso dei fanghi di depurazione è evidente che un’eventuale restrizione del recupero dei fanghi in agricoltura deve interfacciarsi con la necessità di adeguare il paese con infrastrutture tendenti compresa la termodistruzione, incentivando il recupero di materia (fosforo e altri fertilizzanti in diverse formulazioni, biopolimeri, cellulosa, ecc.) e di energia. Lo smaltimento in discarica non appare più sostenibile, né ambientalmente né economicamente (decreto legislativo n. 121 del 2020 di recepimento della Direttiva Discariche 2018/850/CE che ha posto un obiettivo di ridurre lo smaltimento in discarica dei rifiuti urbani e dei rifiuti derivanti dal loro trattamento del 10% al 2030). D’altra parte le politiche energetiche del Paese che incentivano la produzione di energia da biomasse ed effluenti di allevamento determinano parallelamente la necessità di dare adeguate soluzioni alla gestione finale del digestato, la cui ovvia finale destinazione è il recupero in agricoltura. Tale situazione non può essere ignorata dal legislatore che dovrebbe bilanciare gli interventi normativi evitando di ribaltare sul servizio idrico integrato (S.I.I.) ingenti oneri di gestione di fanghi che abbastanza spesso non possono trovare altro sbocco che il trasporto transfrontaliero quando l’uso agricolo non venga consentito....

Fonte: Utilitalia