L'INTERVENTO. Dissalazione, una tecnologia che viene da lontano e che è intenzionata ad andare sempre più lontano

Articolo di Renato Drusiani, senior advisor Utilitalia

I ricorrenti e prolungati periodi di siccità che si sono manifestati negli ultimi anni nel nostro Paese e non solo, hanno messo in luce che gli effetti del cambiamento climatico rappresentano oramai una componente strutturale con la quale dovere fare i conti.  Questo rende più che mai necessario il ricorso alle così dette strategie di adattamento, ovvero quell’insieme di programmi ed azioni orientate ad annullare o attutire gli effetti di un cambiamento, da gran parte degli esperti ritenuto ineluttabile, come emerso anche dalle conclusioni della 28 COP di Dubai.

Quali allora le strade da percorrere?

Oltre ad un migliore uso della risorsa idrica in termini di minori consumi, controllo delle dispersioni, coltivazioni meno idroesigenti, accumulo stagionale, ecc., ambiti sui quali si lavora da tempo, va previsto il ricorso a risorse idriche aggiuntive non convenzionali. Del resto la popolazione si sta incrementando rapidamente: è passata infatti da 4 a 8 miliardi in meno di 50 anni; questo trascina inevitabilmente una domanda idrica aggiuntiva diretta e indiretta (produzione di cibo) che non è compensata se non per una lieve parte dai guadagni di efficienza idrica che comunque si stanno ottenendo. Per tale risorsa aggiuntiva è inevitabile, dopo avere adottato le migliori misure di razionalizzazione, ricorrere alla desalinizzazione di acque marine o salmastre. Si consideri poi, fra gli indesiderati effetti dei cambiamenti climatici, l’innalzamento del livello del mare che provoca una migrazione di acque salate negli acquiferi costieri, inibendo l’impiego dell’acqua estraibile per gli usi potabili o irrigui. Del resto molti Paesi collocati in aree con minore disponibilità idrica rispetto all’Italia come Spagna, Israele e Medio Oriente ricorrono da tempo a tali tecnologie ed è inevitabile che il nuovo paradigma climatico e idrico che si sta definendo costringerà l’Italia, data la sua elevata estensione costiera e la presenza di numerose isole, a prestarvi crescente attenzione, come peraltro sta già avvenendo.

La desalinizzazione è al tempo stesso fra le più antiche ma anche fra le più innovative e versatili tecnologie di cui possiamo disporre. E’ infatti da migliaia di anni che l’uomo vi ricorre anche se in una nicchia di impiego limitata, ma non per questo meno importante, come la navigazione marittima. A partire dal primo millennio a.C. con il miglioramento delle tecnologie navali e grazie alla spinta di una fiorente economia mercantile, si svilupparono nel Mar Mediterraneo e poco oltre le Colonne d’Ercole, intensi commerci marittimi (metalli, manufatti, derrate alimentari, …). L’esigenza di produrre acqua dolce a bordo delle navi, evitando dispendiose e spesso pericolose soste per il rinnovo delle scorte, era un problema serio (si pensi solo alle peripezie descritte nell’Odissea). La soluzione fu trovata nella distillazione dell’acqua di mare attraverso rudimentali distillatori riscaldati dal fuoco; il vapore così prodotto veniva intercettato da spugne che facilitavano anche il processo di condensazione. Il processo fisico era in qualche misura noto e lo stesso Aristotele nella sua opera Metereologica risalente al IV secolo a.C., scrive al riguardo: “Quando si trasforma in vapore, l’acqua salata diventa dolce, e il vapore, quando si condensa, non forma nuovamente soluzione salina; io stesso l’ho riconosciuto tramite la sperimentazione”.

Per la remineralizzazione dell’acqua così ottenuta, al fine di garantirne salubrità e gradevolezza, si faceva ricorso a ossa o conchiglie calcinate. 

Con il passaggio alla navigazione a vapore (steamer), avvenuta nel XIX secolo, l’adozione a bordo di distillatori è diventata essenziale, in quanto l’acqua distillata era necessaria non solo per le persone imbarcate, ma anche per le stesse caldaie che fornivano forza motrice. Dall’inizio del XIX secolo la dissalazione comincia a riguardare anche altri utilizzatori (aree portuali/industriali) al punto da diventare in breve tempo il loro mercato prevalente; nel frattempo le tecnologie di distillazione avevano fatto importanti progressi adottando sistemi di distillazione più efficienti, operanti a ciclo continuo come i c.d. effetti multipli e i sistemi flash multistadio. Nella diffusione di queste tecnologie la nascente industria della petrolchimica ha avuto un ruolo essenziale.

Terminata la II Guerra Mondiale, ed anche sulla base delle esperienze acquisite in quella occasione che aveva visto truppe dislocate in aree del mondo prive di stabile e sicura alimentazione idrica, era emersa l’esigenza di trovare alternative ai sistemi basati sulla distillazione. Infatti questi avevano mostrato scarsa flessibilità operativa, si pensi alla doppia fonte energetica di alimento, all’ingombro e alla scarsa resa.

Vennero così avviate le prime esperienze sui processi a membrana, esperienze che si rifacevano agli studi del premio Nobel per la chimica J.H. Van't Hoff, e che si basavano sul fatto che una membrana semipermeabile era in grado di consentire il trasporto selettivo di acqua o di un solvente attraverso di essa bloccando altre sostanze presenti nel liquido di partenza. Fra le diverse tecnologie emerse la c.d. osmosi inversa (Reverse Osmosis, RO) che impiegava membrane sintetiche messe a punto nel 1963 da Loeb e Sourirajan dell'Università della California. 

In questi ultimi cinquanta anni i sistemi a osmosi inversa hanno ampiamente superato le aspettative in termini di affidabilità, praticità d’uso, e rendimento. Ad esempio si è passati da un consumo specifico di 16 KWh/mc di acqua prodotta a meno di 2 KWh/mc mentre in termini di versatilità di impiego si annoverano sistemi per piccoli natanti sino a mega-impianti di dissalazione, tipici dell’area del Golfo, per usi civili e industriali con potenzialità di migliaia di litri al secondo di acqua dissalata.

L’esigenza poi di ridurre i consumi di energia e i conseguenti gas serra, ha visto negli ultimi anni un ruolo crescente delle energie rinnovabili, del resto la collocazione tipica dei dissalatori si presta all’utilizzo di energie rinnovabili come solare, eolica e moto ondoso. Si ricorda quello che si preannuncia come il più grande impianto di desalinizzazione ad energia solare che è oggetto di un contratto sottoscritto nel 2023 fra le autorità del Dubai e dell’Arabia Saudita e che ha per obiettivo la costruzione di un desalinizzatore RO ad energia solare con potenzialità di circa 800.000 m3/giorno.

Secondo i dati raccolti dall’Associazione Mondiale della Dissalazione (IDA) con oltre 21.000 impianti operativi si stima che nel 2022 siano già stati superati i 100 milioni di m3/giorno di potenzialità installata, con una spiccata accelerazione negli ultimi anni.

Tra i paesi Europei che per approvvigionarsi di acqua potabile ricorrono alla desalinizzazione in misura almeno superiore all’1% vi sono la Spagna, la Grecia e le isole di Cipro e Malta. Il fattore insularità è certamente un elemento determinante per spiegare l’entità della diffusione della desalinizzazione, del resto le stesse Spagna e Grecia devono le rispettive quote alle loro numerose isole servite da sistemi di desalinizzazione.  L’Italia, come ricordano i dati ISTAT del 2019, presenta una quota di acqua dissalata dell’ordine del 0,1% del totale di acqua prodotta; vi è tuttavia ragione di ritenere alla luce delle realizzazioni in corso, che la situazione potrebbe modificarsi nel giro di pochi anni diventando.

I nuovi progetti in fase di sviluppo nel nostro Paese rappresentano una sfida sia per i gestori del servizio, che dovranno ricorrere a strategie più sofisticate di conduzione, sia per le imprese impegnate nella realizzazione dei nuovi sistemi di desalinizzazione. In proposito si ricorda, prendendo ancora una volta ad esempio la Spagna, che questo Paese diventato nel tempo leader nelle installazioni “domestiche”, grazie proprio allo sviluppo interno di questa expertise, si è da anni collocato nella Top Five a livello mondiale nella progettazione e realizzazione di desalinizzatori. Ebbene, vi è ragione di ritenere che anche il nostro Paese, di cui è universalmente apprezzato l’elevato livello di competenza nei comparti impiantistici/elettromeccanici, potrebbe cogliere dai programmi di desalinizzazione in corso, un’importante opportunità di sviluppo e rafforzamento.